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Il convegno di Milano: un primo passo da consolidare

Il fine settimana del 15 e 16 luglio si sono riunite 24 organizzazioni comuniste, provenienti da correnti di opposizione di sinistra allo stalinismo – bordighisti, trotskisti, ma anche comunisti libertari – su iniziativa di un comitato di sei organizzazioni italiane : Associazione Marxista Rivoluzionaria Controvento, ControCorrente, Lotta Comunista, Partito Comunista dei Lavoratori, Rivoluzione Comunista e Sinistra Anticapitalista. Lo scopo era quello di scambiare opinioni sui compiti delle forze internazionaliste in relazione alle profonde trasformazioni dell’imperialismo e alla guerra in Ucraina. È stata la prima iniziativa di questa dimensione da decenni a questa parte, che ha riunito organizzazioni dal Giappone all’India, dall’Argentina alla Turchia, e naturalmente dall’Europa. Per gli indifferenti, la conferenza non ha avuto alcuna importanza. Per chi ha fretta, non ha prodotto risultati tangibili o dichiarazioni clamorose. Eppure, la conferenza di Milano ha dato il via a una prima serie di scambi, incontri tra gruppi dirigenti e l’esplorazione di iniziative internazionali che potrebbero essere le premesse di future collaborazioni.

I termini di una discussione

La logistica è stata curata da Lotta Comunista, i cui militanti in Francia conoscono la casa editrice Science marxiste e il mensile L’Internationaliste, senza la quale sarebbe stato impossibile realizzare l’evento. Gli scambi sono stati vivaci, ma sempre in uno spirito di ascolto, che ha permesso l’evoluzione degli argomenti nel corso delle discussioni e veri e propri scambi di posizioni. Sulla natura della guerra in corso in Ucraina, si sono delineate, in sintesi, tre posizioni diverse: una che caratterizzava il conflitto come inter-imperialista, implicando il disfattismo di entrambe le forze in lotta; una guerra di aggressione e di espansione da parte degli Stati Uniti, a cui la Russia avrebbe risposto in modo difensivo; e infine un’analisi del conflitto come potenziale inizio di una guerra generalizzata, ma in cui si sovrapponevano diversi conflitti, e in cui la questione nazionale ucraina rimaneva essenziale.

Il nostro approccio

Siamo riusciti a esprimere, e in qualche modo a incarnare, l’idea che il metodo conta: cercare di andare oltre le semplici caratterizzazioni, più o meno ereditate e poi applicate a una situazione comunque in movimento e complicata, come garanzia di una politica che vada oltre il semplice « posizionamento » e si ponga davvero la domanda di come si parte dai reali rapporti di forza. Abbiamo quindi cercato di presentare un approccio volto ad analizzare le fasi concrete del conflitto, l’ambivalenza delle rivalità imperialiste (di cui la mancata reazione delle potenze occidentali al colpo di stato abortito di Wagner aveva appena fornito un esempio), in relazione alle riorganizzazioni dell’imperialismo, e insistendo sul fatto che l’opposizione o il sostegno agli USA non era garanzia di una politica giusta, e ancor meno della determinazione di una politica di indipendenza di classe. Nel contesto delle rivalità imperialiste, l’opposizione al solo imperialismo statunitense, o soprattutto ad esso, ci porta a una forma di campismo in tutta una serie di Paesi dominati. Allo stesso modo, opporsi a Putin sostenendo la Nato e le potenze imperialiste occidentali porta a un’altra forma di campismo. La maggior parte delle organizzazioni ha proceduto (sia per iscritto che oralmente) nella direzione opposta al nostro approccio: analisi a priori della natura della guerra (considerata stabile e data) per dedurre, meccanicamente, o una politica di « disfattismo rivoluzionario » o una politica di sostegno alla « lotta di liberazione nazionale del popolo ucraino » e alle azioni della Nato. Alla fine, hanno trascurato di includere nel loro ragionamento un’analisi dei grandi cambiamenti nel sistema mondiale imperialista, anche se la maggior parte di queste organizzazioni insisteva sulla riorganizzazione dell’ordine mondiale (soprattutto in considerazione dell’ascesa della Cina).

Su un altro piano, abbiamo avanzato un approccio per riunire i rivoluzionari, che evita le insidie di uno sviluppo programmatico astratto e di formare un blocco contro altre tendenze rivoluzionarie. Il nostro approccio combina scambi militanti che permettono una verifica reciproca, un’elaborazione comune che non esclude le differenze e i confronti, che a nostro avviso sono i primi passi per costruire una direzione internazionale e una nuova elaborazione programmatica.

Al termine della conferenza, Lotta Comunista ha avanzato una serie di proposte concrete, che la maggior parte delle organizzazioni presenti ha accettato: la firma dell’invito alla conferenza – più che altro per « riconoscere » pubblicamente che l’incontro ha avuto luogo – la prossima pubblicazione dei contributi e dell’invito in un « bollettino di dibattito internazionale », e anche una mozione di sostegno ai repressi di Jujuy, in Argentina, proposta dal Partido Obrero

Commissione internazionale del NPA

 

(Texte en français)